giovedì 5 settembre 2013

Come controlliamo il dolore

Si sa ancora poco a riguardo, ma abbastanza da capire che noi siamo in grado di controllare il nostro dolore. Pensate all’effetto placebo, che può farci sentire meglio solo pensando che ci sia stato somministrato un farmaco. Vi sarà capitato a volte di farvi male e di sentire dolore solo più tardi, oppure avrete notato che non tutti affrontano il dolore allo stesso modo. La percezione del dolore, infatti, può dipendere molto dalle circostanze e dalle emozioni associate. Analizzando il significato evoluzionistico, sentire dolore in condizioni di stress o di emergenza è svantaggioso: l’organismo deve preoccuparsi di sopravvivere, mentre in condizioni di riposo e in sicurezza, il dolore è fondamentale per prevenire ulteriori danni.  

Questo avviene perché esiste un controllo discendente del dolore che parte dal cervello e arriva al midollo spinale, grazie al quale riusciamo a selezionare gli stimoli dolorifici da percepire. Sono state identificate aree del cervello che possono inibire la trasmissione della sensazione dolorifica al livello del midollo spinale. 
Una di queste aree è il bulbo rostroventromediale in cui è presente il nucleo del rafe magno da cui si diparte una via serotoninergica (cioè che rilascia serotonina) che proietta al midollo spinale, inibendo la trasmissione dolorifica. Questa via è soltanto la tappa finale di un sistema che ha inizio in centri superiori. Infatti, il nucleo del rafe magno riceve informazioni dalla sostanza grigia periacqueduttale che a sua volta riceve informazioni dalla corteccia e dal sistema limbico. La corteccia ha un importante ruolo nell’elaborazione del pensiero mentre il sistema limbico è sede dell’emotività, del comportamento oltre che dell’olfatto e altre funzioni. Si potrebbe immaginare quindi di controllare queste strutture al fine di elaborare un’informazione atta a limitare la sensazione di dolore. 

Andando più nel dettaglio, il bulbo rostroventromediale è costituito da diversi neuroni tra cui le cellule on e le cellule off. Le cellule on agiscono attivando la trasmissione dell’impulso dolorifico, mentre le cellule off, se attivate, agiscono all’opposto, cioè inibendo la trasmissione del dolore. Queste due cellule sono bersaglio degli oppioidi, come la morfina, che inibendo l’azione delle cellule on e attivando le cellule off si avrà un’interruzione del segnale del dolore con il risultato di una forte analgesia

Analogamente, una situazione di stress o la somministrazione di un placebo è in grado di attivare i sistemi oppioidi endogeni, con produzione di sostanze molto simili alla morfina che si legano agli stessi recettori, portando all’attivazione del sistema di controllo discendente del dolore. Il risultato sarà una potente analgesia indotta dallo stress o dall’atto della somministrazione di un farmaco. 
A dimostrazione del fatto che le sostanze oppioidi endogene prodotte dal cervello siano fondamentali nell’analgesia, il naloxone, un antagonista di queste molecole, blocca l’effetto analgesico del placebo; mentre farmaci che antagonizzano la colecistochinina (un antioppioide) potenziano gli effetti analgesici del placebo. 

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Sito internet tradotto da Alba Daza Molina in Inglese e in Spagnolo